Scoperto un pesce che inietta morfina ed eroina: ottimo antidolorifico

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Un gruppo di scienziati ha scoperto l’esistenza di un pesce capace di iniettare un veleno simile all’eroina e alla morfina.

L’esemplare vive nella barriera corallina e utilizza i sui lunghi canini per neutralizzare le sue vittime.

I composti provocano calo della pressione e vertigini che rallentano il predatore, che resta  incapace di proseguire la caccia.i

La sperimentazione

Pubblicata su Current Biology, la scoperta si deve al gruppo guidato da Bryan Fry, dell’università australiana del Queensland, e Nicholas Casewell, dell’università britannica di Liverpool.

Sperimentata sui topi, la sostanza ha cancellato negli animali la sensazione di dolore. Ciò potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi antidolorifici.

Caratteristiche del pesce

Il pesce appartiene alla famiglia dei Blennidi misura circa 5 centimetri di lunghezza, e per i suoi grandi canini viene chiamato blennide dai denti a sciabola.

«È uno dei pesci più interessanti che abbia mai studiato e produce il veleno più intrigante di tutti, chimicamente unico», ha detto Fry.

L’analisi delle proteine contenute nel veleno ha permesso di individuare una sostanza presente anche nel veleno della lumaca marina assassina.

Un’altra contenuta anche nel veleno degli scorpioni e un composto oppioide unico, simile all’eroina e alla morfina.

Queste sostanze, a differenza del veleno degli altri pesci, non provocano dolore, ma, come hanno dimostrato i test sui topi, sembrano cancellarlo.

Impiego in medicina

Questo veleno potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci antidolorifici, ma estrarlo non è affatto una impresa facile.  Quando questi pesci attaccano i predatori iniettano solo una piccolissima quantità di veleno. I ricercatori sono riusciti a raccoglierne una quantità sufficiente per le analisi facendo mordere al pesciolino tamponi di cotone da cui poi è stato estratto il veleno.

Il veleno che iniettano con i loro canini, posti sulla mascella inferiore, ha una potenzialità per quanto riguarda la cura del dolore e le capacità antinfiammatorie.

I ricercatori ne hanno prelevata una piccola quantità e ora ne stanno studiando la composizione. L’obiettivo è capire se da qui si possano studiare e lavorare nuove prospettive per la cura.

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