Sequestra nave Ong a Catania. La Procura di Catania ha disposto il sequestro della nave della Ong spagnola ProActiva Open Arms, ormeggiata nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove è avvenuto lo sbarco di 218 migranti.
La ProActiva Open Arms è sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone. Il caso si è sbloccato dopo una richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano.
L’accusa contesta è di associazione a delinquere per favorire immigrazione clandestina Associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa ci sarebbe una volontà di portare i migranti in Italia anche violando legge e accordi internazionali, non consegnandoli ai libici.
Indagati il comandante e il coordinatore a bordo della nave, identificati, e il responsabile della Ong, in corso di identificazione.
Il legale della Ong, Rosa Emanuela Lo Faro, che difende il comandante della Open Arms, ha rilasciato una dichiarazione in risposta all’accusa contestata parlando apertamente di reato di solidarietà “Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone devo dedurre che hanno istituito il reato di solidarietà…”.
Della questione è stato informato il Consolato spagnolo in Italia.
Sono arrivate anche le prime dichiarazioni di Oscar Camps, fondatore della Onlus. “L’ipotesi di reato è associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché ci siamo rifiutati di consegnare alla Guardia costiera libica le donne e i bambini che avevamo salvato. Ma proteggere la vita umana in mare dovrebbe essere la priorità assoluta di ogni corpo civile o militare che si rispetti, chiamato Guardia costiera, Salvamento marittimo o Marina. Così stabilisce il diritto del mare”.
Oscar Camps commenta così l’iniziativa del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. “Impedire il salvataggio delle vite a rischio in alto mare per riportarle con forza in un paese non sicuro come è la Libia equivale ad effettuare un respingimento ed è in contrasto con lo status di rifugiato delle Nazioni Unite”.
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