Serve una legge sul terzo genere

Serve una legge sul terzo genere

La Consulta, sede della Corte Costituzionale a Roma, ha preso una decisione su questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Bolzano riguardanti la rettificazione dell’attribuzione di sesso. La Corte ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate riguardo all’art. 1 della legge n. 164 del 1982 che non prevede l’attribuzione di un genere “non binario”. Secondo la Corte, l’introduzione di un terzo genere nel sistema legislativo richiederebbe un intervento di sistema poiché influirebbe su numerosi settori dell’ordinamento attualmente regolati in modo binario.

La sentenza evidenzia che la caratterizzazione binaria (uomo-donna) influisce su vari aspetti del diritto tra cui quello di famiglia, del lavoro, dello sport, dello stato civile e del prenome, così come sulla conformazione dei “luoghi di contatto” come carceri e ospedali. Tuttavia, la Corte riconosce che la percezione di non appartenere né al sesso maschile né a quello femminile può generare disagio e richiede il rispetto della dignità sociale e la tutela della salute.

La Corte ha sottolineato l’importanza di considerare la condizione non binaria e ha suggerito al legislatore di prendere in considerazione queste questioni, anche alla luce del diritto comparato e delle normative dell’Unione Europea. Inoltre, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma che richiede l’autorizzazione del tribunale per trattamenti medico-chirurgici per la rettificazione di attribuzione di sesso, anche se le modificazioni già intervenute sono ritenute sufficienti.

La Corte ha rilevato che il percorso di transizione di genere può essere compiuto anche senza intervento chirurgico, tramite trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale. Pertanto, la prescrizione dell’autorizzazione giudiziale per trattamenti chirurgici denota un’irragionevolezza, violando il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.Il regime autorizzatorio non è funzionale alla rettificazione e viola la ratio legis.

La Corte ha quindi sollevato la necessità di rivisitare la normativa in materia di rettificazione di attribuzione di sesso per garantire il rispetto dei diritti e della dignità delle persone coinvolte.

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