Il sindaco va al ristorante in bermuda, i gestori del locale lo cacciano
“Mi hanno invitato a uscire dal locale perché non portavo pantaloni lunghi. Giusto, ma come si fa a saperlo se nessuno lo scrive all’ingresso?”. È il post su Facebook del sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, cacciato da un ristorante locale perché indossava i bermuda.
Il racconto di Del Ghingaro
Il sindaco ha raccontato l’accaduto sulla propria pagina Facebook: “Sono stato cortesemente invitato ad uscire da un locale. Un’esperienza un po’ umiliante, lo confesso, ma tutto fa cultura e serve a dare e darsi le misure del vivere nella società. Qualche giorno fa avevo concordato una cena con la moglie e una coppia di amici; fisso in un ristorante dove vado ogni tanto e, visto che non è una cena istituzionale ma tra veri amici, mi sento libero di vestirmi casual. Arriviamo, ci fanno sedere ad un tavolo sulla terrazza sul mare, chiacchieriamo con altre persone che conosco ad un tavolo vicino, ci raccontiamo la giornata, rilassati e contenti di rivederci, finalmente con calma. Ad un certo punto mi si avvicina il cameriere imbarazzato e mi comunica che, considerato che non indosso pantaloni lunghi, non posso stare in quel locale. Gli spiego, stupito, che non lo sapevo, spiego anche il perché sono vestito così, che sono in libera uscita, che anch’io sono una persona normale, con una vita normale, con dei vestiti normali. Prende tempo, ma dopo pochi minuti ritorna e mi chiede gentilmente di uscire, perché le regole di quel locale sono quelle anche se non conosciute nè illustrate all’ingresso, si scusa ma non può fare diversamente. A quel punto non mi rimane che alzarmi, salutare le persone stupite al tavolo vicino, chiedere scusa ai miei amici e uscire, non senza vergogna”.
Del Ghingaro prosegue nel suo racconto: “Non sapevo che esistessero regole così ferree d’agosto in un locale sul porto, ma giustamente l’ignoranza non è ammessa e non posso che prendere atto che in quel posto ci si deve andare con i pantaloni lunghi, anche se continuo a chiedermi come una persona puó saperlo se nessuno glielo dice o lo scrive all’ingresso. Al di là dell’episodio, spiacevole e, confesso, anche sgradevole, alla fine ho cenato bene da un’altra parte (molto bene), in ottima compagnia, senza censure sui vestiti, anche se con la brutta sensazione di aver subito una piccola violenza. Mi sono fatto una domanda: ma in quel locale controlleranno oltre ai vestiti, chessò il casellario giudiziale, il permesso di soggiorno, il codice fiscale, il certificato di sana e robusta costituzione, il tesserino di pesca, il colore della pelle, la tessera di partito, l’attestato di laurea o altro? Giuro che la prossima volta (non certamente lì, garantisco) m’informerò prima d’entrare. Ma poi, detto fra noi, ero davvero vestito così male?”.
Stamattina, Del Ghingaro è stato preso in giro scherzosamente dal suo staff, che gli ha dato il benvenuto a lavoro con una sua foto in bermuda con scritto «Io non posso entrare».