Studio australiano: impatto dei cambiamenti nel microbioma intestinale sulla risposta agli anticorpi dei vaccini

Studio australiano: neonati esposti precocemente agli antibiotici presentano risposta immunitaria compromessa
Un recente studio condotto dall’Università Flinders di Adelaide ha rivelato che i neonati esposti precocemente agli antibiotici presentano livelli inferiori di anticorpi verso i vaccini durante l’infanzia. Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, ha evidenziato una correlazione tra l’uso precoce degli antibiotici e una risposta immunitaria compromessa nei bambini.
Secondo il team di ricerca guidato dal professor Peter Smith, “i dati raccolti dimostrano che l’esposizione precoce agli antibiotici può influenzare la risposta immunitaria del bambino, compromettendo la capacità del sistema immunitario di produrre anticorpi in risposta ai vaccini”. Questo studio ha spinto gli esperti a sottolineare l’importanza di un uso prudente degli antibiotici nei neonati, al fine di preservare la salute del loro microbioma intestinale e garantire una corretta risposta immunitaria.
Microbioma intestinale e risposta immunitaria: il legame evidenziato dalla ricerca
La ricerca condotta dall’Università Flinders ha evidenziato che i cambiamenti nel microbioma intestinale dei neonati esposti precocemente agli antibiotici possono influenzare la loro risposta immunitaria durante l’infanzia. Secondo la dottoressa Lisa Jones, co-autrice dello studio, “il microbioma intestinale svolge un ruolo cruciale nella regolazione della risposta immunitaria del bambino, e pertanto qualsiasi alterazione a questo livello può avere conseguenze sulla sua salute”.
I risultati di questa ricerca sollevano importanti questioni sull’uso degli antibiotici nei neonati e sottolineano la necessità di approfondire la comprensione dei meccanismi che regolano la risposta immunitaria nei primi anni di vita. “È fondamentale considerare l’impatto che gli antibiotici possono avere sul microbioma intestinale dei neonati e sulle conseguenze che ciò può comportare sulla loro salute a lungo termine”, ha sottolineato il professor Smith.
Fonti:
– Università Flinders di Adelaide
– Rivista Nature
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