Trump e la Guerra dei Dazi: Astuzia Strategica o Testardaggine?

Trump e il “Liberation Day”: dazi su importazioni straniere scatenano il panico sui mercati
di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Il 2 aprile, nel suggestivo Giardino delle Rose della Casa Bianca, Donald Trump ha dato il via a una nuova era di tensioni commerciali, annunciando una serie di dazi su importazioni da numerosi paesi, tra cui Cina, Corea del Sud, Vietnam, Canada e, in particolare, l’Unione Europea. Trump ha etichettato questi dazi come “dazi di liberazione”, proclamando ufficialmente il “Liberation Day”. Tuttavia, la reazione immediata dei mercati è stata devastante: Wall Street ha registrato perdite superiori a 1.300 miliardi di dollari in soli due giorni.
Gli indici sono crollati, segnando cali storici, e molti analisti hanno descritto questa reazione come una delle peggiori risposte di mercato mai documentate dopo un annuncio presidenziale. CNBC ha osservato: “Peggio del peggior scenario previsto”. Nonostante il crollo, Trump ha mantenuto fermo il suo punto di vista, rilanciando attraverso i social media, sostenendo che “i dazi rappresentano giustizia economica” e promettendo ulteriori misure.
Critiche da economisti e membri del Partito Repubblicano
Famosi economisti e osservatori di vari settori hanno espresso profonde preoccupazioni riguardo a questa nuova politica. Paul Krugman, premio Nobel, ha dichiarato: “Trump confonde il deficit commerciale con un furto. I dazi non risolvono questo problema; anzi, lo aggravano”. Anche Jeffrey Sachs, della Columbia University, ha stroncato la strategia di Trump in un articolo su Common Dreams, affermando che “il deficit commerciale non è dovuto a truffe esterne, ma dal fatto che l’America spende più di quanto produce”. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno riportato un deficit commerciale di 1.100 miliardi di dollari.
Le nuove tariffe proposte da Trump sono basate su una formula semplificata: maggiore è il deficit commerciale con un paese, più alta è la tariffa. Questo approccio è stato giudicato come arbitrario e privo di fondamento economico. Andrew Egger, su The Bulwark, ha scritto: “Le cifre sono inventate, ma le barriere saranno reali”. Le famiglie americane potrebbero trovarsi ad affrontare aumenti annuali fino a 5.000 dollari a causa di queste nuove tariffe. Trump ha affermato: “La Grande Depressione non sarebbe mai avvenuta se avessero mantenuto la politica dei dazi”, ma storici economici respingono questa affermazione. Come ha notato Douglas Irwin, “I dazi possono funzionare solo in contesti ben pianificati e per obiettivi mirati”.
Anche all’interno del Partito Repubblicano si stanno sollevando voci critiche. Recentemente, il Senato ha votato 51 a 48 contro la dichiarazione di emergenza nazionale utilizzata da Trump per giustificare i dazi del 25% su beni canadesi. Tra quelli che hanno votato contro figurano anche i senatori repubblicani Collins, Murkowski, McConnell e Rand Paul. Quest’ultimo ha evidenziato: “I dazi non danneggiano i governi esteri, ma le famiglie americane”. Sorprendentemente, anche il Wall Street Journal, tradizionalmente vicino agli ambienti imprenditoriali conservatori, ha espresso critiche dure in un editoriale, definendo queste misure come “La guerra commerciale più stupida della storia”.
Il protezionismo ha una lunga storia negli Stati Uniti. Abraham Lincoln e Franklin D. Roosevelt lo utilizzarono per difendere l’industria e regolare mercati in crisi, rispettivamente. Tuttavia, nel contesto moderno, dove l’economia è interconnessa e digitale, l’applicazione di dazi generalizzati rischia di isolare ulteriormente gli Stati Uniti. Sachs ha ribadito: “I dazi non aumenteranno i redditi reali. Solo sanità pubblica, sindacati forti e una fiscalità equa possono farlo”.
Le recenti decisioni della Casa Bianca destano quindi interrogativi: segno di testardaggine o strategia? Finora, l’unico effetto tangibile del “Liberation Day” sembra essere il caos sui mercati, con inflazione in crescita e incertezze tra consumatori e imprese. Nonostante il messaggio di Trump, secondo cui “i dazi ci libereranno”, sembra che le dinamiche economiche stiano spingendo l’America verso un isolamento costoso e insensato.
In una settimana di tensioni politiche, i Democratici hanno ottenuto una significativa vittoria in Wisconsin, mentre i Repubblicani hanno guadagnato due seggi alla Camera in Florida, ma con margini ridotti rispetto alle elezioni precedenti. In Wisconsin, la giudice liberale Susan Crawford ha sbaragliato il conservatore Brad Schimel, nonostante il supporto finanziario senza precedenti di Elon Musk, il quale si è rivelato controproducente. Dall’altra parte, nei tradizionali distretti repubblicani in Florida, i candidati Jimmy Patronis e Randy Fine hanno vinto, ma con margini ristretti, segnalando vulnerabilità per il GOP.
Nel contesto attuale, mentre il vicepresidente JD Vance difende su Fox la politica dei Dazi, e Elon Musk appare in pubblico per smentire voci sul suo ritiro, il focus resta sulla guerra dei dazi voluta da Trump, a fronte della quale gli Stati Uniti rischiano di uscirne più poveri e sempre più isolati dal panorama internazionale. Inoltre, per rimanere aggiornati su eventi del genere, è essenziale consultare fonti affidabili come CNBC ed economisti rinomati.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Non perderti tutte le notizie dal mondo su Blog.it