Ucciso e abbandonato sul ciglio della strada: un altro caso Regeni

Ucciso e abbandonato sul ciglio della strada: un altro caso Regeni

Ennesimo caso di violenza al Cairo in Egitto, un giovane egiziano è stato ritrovato morto, con segni di percosse e bruciature sul corpo. Tharwat Sameh aveva 19 anni. Il 22 luglio era stato prelevato a casa dalla polizia. Tre giorni dopo il cadavere è stato rinvenuto sul ciglio di una strada nel deserto, nel governatorato di Fayoum, a sud del Cairo. Un caso che ricorda tristemente quello di Giulio Regeni.

La scomparsa di Tharwat

Sul suo corpo segni di percosse, tagli, ustioni e persino tracce di scosse elettriche. È stato trovato così il cadavere martoriato di Tharwat Sameh, 19 anni, lo scorso 24 luglio. Giaceva esanime sulla Desert Road del Fayoum, a circa 130 chilometri a sud-ovest del Cairo, in Egitto. Da due giorni era scomparso dalla sua abitazione, nel cuore del quartiere 6 Ottobre, zona periferica della Capitale. I suoi familiari ne avevano perso le tracce, fin quando una telefonata anonima non ha annunciato ai suoi genitori che il ragazzo era stato vittima di un incidente stradale e per questo era stato ricoverato presso l’ospedale di Fayoum. Notizia falsa, perché ben presto cominciano a circolare in rete le immagini del giovane senza vita e coperto di lividi, ed è così che i suoi cari vengono a sapere dell’ultima tragedia consumatasi in Egitto.

Molte analogie con il caso Regeni

Il caso, riportato dalla stampa locale e dall’agenzia «Nova», ha alcuni particolari in comune con l’omicidio irrisolto di Regeni. La prima analogia è che il direttore della sicurezza di Fayoum è oggi Khaled Shalaby, lo stesso poliziotto che 18 mesi fa era l’investigatore capo nel governatorato di Giza, dove fu trovato il corpo di Regeni.

Shalaby, già condannato nel 2003 per tortura (ma la sentenza era stata sospesa), dichiarò che la morte di Regeni sembrava frutto di un incidente stradale, ma fu subito smentito dall’autopsia. Ora le autorità affermano che «tre ignoti» avrebbero picchiato a morte Sameh.

Dai dati raccolti dalle Ong egiziane (oltre 730 sparizioni forzate per mano delle forze di sicurezza tra il 2015 e il 2016), sappiamo che molti «desaparecidos» sono accusati di appartenere alla Fratellanza Musulmana, ma ci sono anche dissidenti laici o persone senza legami politici. Secondo gli attivisti, Sameh potrebbe essere il secondo caso in una settimana: il 18 luglio Gamal Aweida, 43 anni, cristiano copto, è stato arrestato; 15 ore dopo la polizia ha comunicato alla famiglia la sua morte e la sezione locale di Amnesty International sospetta che sia stato torturato dalle forze di sicurezza, che «non temono conseguenze delle proprie azioni, dopo anni di impunità».

L’impegno dell’Italia

Le denunce degli attivisti giungono mentre a Bruxelles, per la prima volta dopo la rivoluzione egiziana del 2011, si è riunito il consiglio di associazione Ue-Egitto, rinnovando per i prossimi tre anni la partnership per la lotta al terrorismo, il controllo dei flussi migratori e la crescita economica. L’Alta rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini ha anche espresso preoccupazione per la violazione dei diritti umani e la repressione delle Ong in Egitto: il caso Regeni «è una priorità – ha detto – non solo per l’Italia ma per l’Europa».

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha replicato che la soluzione è «di interesse reciproco», ma il Cairo continua a negare che le sparizioni forzate siano una pratica sistematica dei suoi apparati di sicurezza. Così la sezione italiana di Amnesty chiede al premier Paolo Gentiloni che il nostro ambasciatore non torni al Cairo in assenza di passi avanti «nella ricerca della verità per Giulio Regeni ».

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