Caso Yara: “Dna trovato sulla ragazza è di Bossetti, oltre ogni dubbio”
Sul caso di Yara Gambirasio, la Corte d’assise d’appello ha pubblicato le motivazioni della sentenza. Sono 376 pagine di motivazioni con cui spiega perché ha confermato la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti, della ragazzina.
Il Dna trovato su Yara è di Bossetti
Il profilo genetico trovato sugli slip e sui leggings resta infatti il caposaldo della decisione della Corte, è «la firma dell’omicidio della povera Yara». Potrebbe essere sangue, una eventualità «compatibile con il rinvenimento di emoglobina sul tappetino, lato conducente, del furgone di Bossetti». Sull’identità tra il Dna di Ignoto 1 di Massimo Bossetti è stata raggiunta la «certezza del dato» perché «oltre ad essere stati utilizzati kit diversi, pozzetti diversi, personale diverso, diluizioni diverse, sequenziatore diverso, è stato utilizzato per le analisi addirittura un laboratorio diverso.
In definitiva, su 104 tracciati, in ben 71 è stata riscontrata la presenza del Dna e, quindi, del profilo genetico di un individuo di sesso maschile che poi la dottoressa Gino(consulente dell’imputato ndr) ha riconosciuto essere corrispondente al profilo genetico appartenente a Bossetti Massimo Giuseppe».
Niente sconti: ha agito con freddezza e crudeltà
Bossetti non merita sconti, per «l’inaudita gravità del fatto, la notevole intensità del dolo, la deprecabile motivazione». Il movente è sessuale, «avances respinte». Un fatto grave, il delitto, «posto in essere vigliaccamente nei confronti di una ragazzina indifesa lasciata morire in preda a spasmi e inaudite sofferenze». Lui «ha continuato a vivere con assoluta indifferenza» e «ha continuato ostinatamente a negare assumendo la posizione di chi sfida l’inquirente a provare la sua colpevolezza».
Nelle motivazioni i giudici ribadiscono che la ragazzina morì nel campo. “Le lesioni da punta e da taglio sono state tutte procurate quando Yara era ancora viva – si legge nelle motivazioni – e sono state prodotte una di seguito all’altra in uno stesso contesto temporale e ambientale”. E “l’ipotesi della difesa di vestizione e nuova vestizione del cadavere appare del tutto fantasiosa”.