Yara, parla Bossetti in aula: attesa per il verdetto d’appello
E’ attesa per oggi la sentenza di appello nel processo per l’omicidio di Yara. Massimo Bossetti ha rilasciato in aula, dinanzia i giudici dichiarazioni spontanee e ha voluto rivolgere un «sincero pensiero» a Yara Gambirasio per il cui omicidio è stato condannato all’ergastolo in primo grado.
Poteva essere mia figlia
«Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi – ha detto Bossetti – neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà». Dopo le dichiarazioni del muratore, che si è sempre proclamato innocente, i giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia si riuniranno in camera di consiglio per emettere il verdetto. Sarà il presidente della corte Enrico Fischetti a leggere la decisione: conferma della sentenza di ergastolo, riforma parziale del primo grado, assoluzione oppure perizia sul Dna, la traccia mista trovata su slip e leggings della 13enne attribuita a Ignoto 1 poi identificato in Bossetti.
Bossetti Davanti alla sua famiglia ha chiesto ai giudici di assolverlo, di poter dimostrare con una perizia sul Dna che hanno preso la persona sbagliata, in aula presente la moglie Marita, la madre e la sorella gemella.
La prova del DNA
La traccia biologica appartenente a Bossetti e presente sul povero corpo di Yara è l’elemento intorno a cui ruota l’intero caso. L’assenza del suo Dna mitocondriale «non inficia il risultato: è solo il Dna nucleare ad avere valore forense» per il rappresentante dell’accusa Marco Martani. «Quel Dna non è suo, non c’è stato nessun match, ha talmente tante criticità – 261 – che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori», per i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini.
Contro l’imputato ci sono altri elementi: dal passaggio del furgone davanti alla palestra alle fibre sulla vittima compatibili con la tappezzeria del suo Iveco; dalle sferette metalliche sul corpo di Yara che rimandano al mondo dell’edilizia all’assenza di alibi. Indizi che la difesa respinge.
La difesa di Bossetti
«Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà». Nell’ultima udienza del processo di appello per l’omicidio di Yara Gambirasio, l’imputato Massimo Bossetti ha iniziato a parlare rivolgendo «un sincero pensiero», così l’ha definito, alla tredicenne. La ragazzina fu rapita e uccisa la sera del 26 novembre 2010, a Brembate Sopra. Bossetti ha chiesto scusa per «il comportamento scorretto» tenuto nella prima udienza quando era sbottato alle affermazioni del sostituto pg. «Pensate però come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali», ha detto. Bossetti si è sempre dichiarato innocente. Per lui, la procura generale di Brescia ha chiesto la conferma dell’ergastolo e sei mesi di isolamento per la calunnia l’arresto, il 16 giugno 2014. Da allora, non è più uscito dal carcere.