Aggressioni con l’acido, sconto per Martina Levato: 20 anni anziché 28
Si è chiuso così il processo d’appello a carico di Martina Levato: condannata a 20 anni di carcere per tutti le tre aggressioni con l’acido compiute a Milano tra il novembre e il dicembre 2014.
I giudici della terza Corte d’Appello di Milano le hanno riconosciuto il vincolo della continuazione tra la condanna a 12 anni per l’aggressione a Pietro Barbini (già passata in giudicato) e quella a 16 anni (nel primo grado di giudizio) relativa ai blitz contro lo studente Stefano Savi e il fotografo Giuliano Carparelli. Così hanno ridotto il cumulo delle condanne da 28 a 20 anni complessivi di carcere. Confermata, invece, la condanna a 9 anni e 4 mesi per Andrea Magnani, il presunto complice della cosiddetta “coppia diabolica”.
Le pene sono state calcolate sulla base dello sconto di un terzo della pena dovuto alla scelta del rito abbreviato da parte dei due imputati. Alexander Boettcher complice ed ex amante di Martina, ritenuto il regista di tutte le tre aggressioni con l’acido, è stato invece condannato a 14 anni in abbreviato per l’aggressione a Barbini (sentenza, già confermata in appello) e ad altri 23 in ordinario per gli altri due agguati. In tutto 37 anni.
“E’ ingiusto che venga condannata anche per il caso Savi, io non c’entro, non sono stata io”: questa la prima reazione di Levato, in lacrime, dopo la sentenza. La Levato ha sempre negato di aver partecipato al blitz contro Stefano Savi, che venne sfigurato il 2 novembre del 2014 per uno scambio di persona mentre ha ammesso le sue responsabilità sugli altri episodi.
Arriva anche il commento di Alberto Savi, il padre di Stefano: “Giustizia è fatta, una giustizia veloce, dopo un eccellente lavoro”.
Nell’agosto 2015 Martina Levato, detenuta a San Vittore, ha partorito un bambino di cui Boettcher ha riconosciuto la paternità. Il tribunale per i minorenni ha però stabilito che il piccolo dovrà essere dato in adozione a un’altra coppia anche se sulla questione pende un ricorso presentato dal legale di Martina Levato.