Islanda, la parità di retribuzione tra uomo e donna da oggi è legge

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L’Islanda lo ha promesso e lo ha fatto. Annunciata l’8 marzo, la legge sulla parità di retribuzione salariale tra uomo e donna è legge.

La legge impone ai titolari di aziende con almeno 25 dipendenti di garantire ai lavoratori pari retribuzione, indipendentemente da sesso, origine etnica o nazionalità.

Altri esempi nel mondo

Anche in Svizzera e nello stato americano del Minnesota ci sono disposizioni simili, ma non vincolanti per tutti. Il Ministro per l’Uguaglianza Viglundsson ha dichiarato che «i diritti umani sono diritti uguali per tutti».

Le proteste

In ottobre, migliaia di lavoratrici hanno smesso di lavorare, alle 2.38, e sono scese in piazza per una protesta collettiva contro le disparità di trattamento.

Da questo momento in poi, le disparità retributive sono tali che le donne si trovano a lavorare gratis fino al termine della giornata lavorativa-tipo, di otto ore.

«Dobbiamo fare in modo che gli uomini e le donne godano di pari opportunità sul luogo di lavoro. È nostra responsabilità adottare ogni misura per raggiungere questo obiettivo», ha detto Viglundsson.

La mossa arriva come parte del programma che ha per obiettivo l’impegno preso dallo Stato nordico: sradicare il divario retributivo di genere entro il 2022.

Senza una forzatura di questo genere, secondo l’Organizzazione mondiale del Lavoro il «gender gap» richiederebbe almeno 70 anni per essere colmato.

 Il paradiso dell’uguaglianza

L’Islanda è da tempo in prima linea nella ricerca della parità, avendo già introdotto le quote rosa che prevedono un minimo del 40 per cento di donne nei consigli di amministrazione di aziende con più di 50 dipendenti.

Il paese è stato classificato il migliore al mondo per l’uguaglianza di genere dall World Economic Forum per otto anni consecutivi. Ma nonostante questo, le donne islandesi guadagnano ancora – almeno fino ad oggi – dal 14 al 18 per cento in media in meno rispetto agli uomini. Il divario retributivo di genere è del 17,5 per cento circa nel Regno Unito e la media del gruppo Ocse delle nazioni industrializzate è del 15,5 per cento.

 

L’Italia, invece, non supera la 49esima posizione su 145 Paesi analizzati, segno che c’è ancora tanto da fare prima di poter raggiungere la parità dei sessi nello stivale.

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