Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo: i giovani scappano

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo: i giovani scappano

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica, gli italiani sono sempre più vecchi e più soli. Si contano circa 168,7 anziani ogni 100 giovani, le nascite sono sempre in calo e non c’è ricambio generazionale. Sempre più giovani, soprattutto laureati, fuggono dall’Italia, mentre continuano ad arrivare stranieri. Male anche per il lavoro, principalmente al sud, che non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi.

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo: meno giovani italiani e più stranieri

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo. Per il terzo anno consecutivo la popolazione italiana diminuisce e ci sono sempre più persone anziane. A rivelarlo è l’ultimo rapporto annuale presentato dall’Istituto Nazionale di Statistica alla Camera. Secondo i dati riportati, ci sono 100 mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Al 1° gennaio 2018, la popolazione italiana ammonta a 60,5 milioni di abitanti residenti, con 5,6 milioni di stranieri. Nel 2017, sono stati 224.000 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana. E’ anche aumentato, però, il numero di giovani italiani che emigrano. Si conta che nel 2017 sono stati 25.000 i giovani laureati che hanno lasciato l’Italia. Le mete predilette dai giovani in fuga sono il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia.

I giovani diminuiscono, ma le persone anziane sono sempre di più. Dal rapporto Istat, si evince che ci sono 170 anziani ogni 100 giovani. Il dato già negativo, potrebbe però peggiorare ulteriormente. Si stima che, da qui a dieci anni, vi potrebbero essere 217 anziani ogni 100 giovani. Con dati del genere, l’Italia si posiziona al secondo posto come paese più vecchio del mondo. Prima di noi solo il Giappone.

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo: minimo storico di nascite

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo. Questo non è l’unico dato negativo che viene fuori dall’ultimo rapporto annuale dell’Istat. Per il nono anno consecutivo, infatti, anche le nascite registrano una diminuzione. Nel 2017 si sono registrate 464 mila nuovi nati, il 2% in meno rispetto all’anno precedente. Il 21,1% di questi però è dovuto alla componente straniera presente nel nostro paese. Nonostante questo, anche il numero medio di figli da cittadini stranieri è diminuito rispetto agli anni precedenti.

Non solo si fanno meno figli, ma si fanno anche più tardi. Nel 2016, l’età media della donna alla nascita del primo figlio era pari a 31 anni, ma è in continuo aumento. Cresce, poi, anche la speranza di vita alla nascita, che nel 2017 arriva a 80,6 anni per gli uomoni e 84,9 per le donne.

L’importanza dei rapporti umani e le ripercussioni sull’economia

Istat, Italia secondo paese più vecchio del mondo. Dal rapporto annuale dell’Istat emerge che gli italiani sono sempre più vecchi e più soli. Si conta che il 17,2% di questi si sente privo o quasi di sostegno sociale. Gli anziani che vivono soli passano circa 10 ore al giorno in completa solitudine, senza interazioni con altri. Resta però ancora molto importante per il nostro paese il ruolo svolto dalle reti associative e familiari, considerato per alcuni punti di vista sia un blocco che un’opportunità.

Il 78,7% delle persone con più di 18 anni dichiara di poter fare affidamento su parenti e amici. Questo è favorito anche dalla tecnologia, che aiuta a mantenere i contatti anche con parenti che risiedono in altre città. Pare che la cerchia di parenti e amici sia decisiva per trovare un lavoro: il 47,3% lavora grazie a questo canale, mentre il 53,7 lo ha trovato tramite annunci, concorsi e titoli. Emerge, però, anche un blocco che dura nel tempo. Si nota che il titolo di studio e l’attività lavorativa svolta dai genitori sia determinante nel futuro dei figli. Solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e solo poco più del 14% ha un lavoro qualificato. Questo accade principalmente al sud, dove la quota di giovani compresa tra i 19 e i 25 anni che non studiano e non lavorano è quasi il doppio di quella dell’Italia settentrionale.

 

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