Pochi laureati e poco preparati: i dati del rapporto Ocse sui giovani

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I laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia sono solo il 20 per cento, il dato si evinc dal rapporto Ocse “Strategia per le competenze” per l’Italia, diffuso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Mancano le competenze

Mancano le competenze di base e avanzate e soltanto se l’Italia migliorerà in questo campo potrà in futuro prosperare e creare un ambiente più inclusivo. Negli ultimi 15 anni i risultati economici dell’Italia sono stati lenti. Nonostante alcuni progressi nell’occupazione – premette l’Ocse – la crescita di produttività è stata stagnante”. E a creare questa stagnazione è il deficit nelle competenze inadeguate per la competitività del mercato del lavoro.

Non si tratta soltanto di avere meno laureati, perché chi ha un titolo di studio universitario in Italia ha “in media, un più basso tasso di competenze” in lettura e matematica (26° posto su 29 paesi Ocse). Meno preparati, ma anche male impiegati, visto che le analisi del capitolo 2 del rapporto descrivono le difficoltà dei laureati alle prese con la prima occupazione, che spesso non ha nulla a che vedere con la loro preparazione universitaria.

Lavoratori troppo competenti per le mansioni che svolgono

Ci sono lavoratori che hanno competenze superiori ma hanno mansioni che ne richiedono meno (11,7 per cento) e sono sovra-qualificati (18 per cento), con una percentuale elevatissima (35 per cento) di lavoratori occupati in un settore non correlato ai propri studi.

A salvare i lavoratori la capacità, riconosciuta dal rapporto, di “rapidità d’apprendimento e problem solving”, la vecchia arte d’arrangiarsi insomma, che fa dire all’Ocse che “in Italia, politiche mirate di istruzione e formazione della forza lavoro, che siano anche coordinate tra di loro, potrebbero favorire un miglior (più intensivo) uso delle competenze elevate sul posto di lavoro”.

Il rapporto attribuisce la responsabilità alle università, incapaci di collegarsi meglio con le esigenze del mondo del lavoro, sia alle imprese, alle quali si imputa l’incapacità di usare pienamente ed efficacemente le competenze a loro disposizione e poco disposte a investire in tecnologie e pratiche di lavoro che migliorino la produttività.

L’85% delle imprese è a gestione familiare

L’Ocse spiega che tale dinamica è in parte spiegata dal modo in cui il lavoro viene progettato e concepito, e dal modo in cui le imprese sono gestite. In Italia, le imprese a gestione familiare rappresentano più dell’85 per cento del totale, e circa il 70 per cento dell’occupazione del paese. Ma è un circolo vizioso: anche “i manager delle imprese a gestione familiare spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse. Inoltre, il livello dei salari in Italia è spesso correlato all’età e all’esperienza del lavoratore piuttosto che alla performance individuale, caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”.

Il rapporto riconosce infine che l’Italia si sta impegnando ad attuare riforme che invertano la tendenza. Il Jobs act viene definito “una pietra miliare del processo di riforma”, e vengono poi citate la Buona scuola, Industria 4.0, Garanzia Giovani e la legge Madia sulla P.a. In particolare della riforma dell’istruzione si evidenzia il piano per il digitale e l’Alternanza scuola lavoro.

Alcuni dati del rapporto

I lavoratori con competenze in eccesso (11,7%) e sovra-qualificati (18%) rappresentano una parte sostanziale della forza lavoro italiana, maggiore di quella che, invece, si trova sotto il livello richiesto (il 6% risulta avere competenze basse rispetto al lavoro che fa e il 21 è sotto qualificato). Al paradosso si aggiunge la constatazione che «circa il 35% dei lavoratori è occupato in un settore non correlato ai propri studi». Quindi, in più di un caso su tre, percorsi d’istruzione e professionali non si parlano. E il basso livello di competenze fa sì che il Paese incontri maggiori difficoltà degli altri nel far fronte alla globalizzazione, alla digitalizzazione e all’invecchiamento della popolazione».
Sul fronte dei salari inoltre l’Ocse sottolinea che le retribuzioni nel nostro Paese sono legate all’età e all’esperienza del lavoratore e non alle performance individuale caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro. 6% addetti ha competenze basse Circa il 6% dei lavoratori possiede competenze basse rispetto alle mansioni svolte, mentre il 21% è sottoqualificato”.

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